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LA PALOMA Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 27 marzo 1975
 
di Daniel Schmid, con Ingrid Caven, Peter Kern, Peter Chatel, Bulle Ogier (Svizzera, 1974)
 

Si dice di tutto di LA PALOMA, così come del precedente HEUTE NACHT ODER NIE, con il quale il poco più che trentenne regista di Flims ha esordito alla regia nel cinema. Si potrà essere sensibili o meno al piacere del «kitsch», del melodramma, del discorso anche ideologico da scoprire, non certo facilmente, dietro alle immagini sontuosamente decadenti. Ma è difficile negare che le immagini di queste opere sono degli esempi, stupefacentemente personali, di un linguaggio cinematografico compiuto, coerente, governato con una maestria quasi impeccabile. Delle immagini che il nostro Paese ha atteso a lungo.


Bastano le prime pagine di LA PALOMA, le lente panoramiche sui personaggi di un mondo notturno in disfacimento, i dettagli rivelati con precisione, il colore usato con drammatica sapienza (i rossi oscuri, i neri, il biancore della carne sfatta), il largo respiro dei movimenti di macchina, l'impiego straordinario dei suoni, (vero spettacolo nello spettacolo), la scelta delle musiche, per rivelarci immediatamente la presenza di una personalità imperiosa, di una volontà precisa di dominare tutti i mezzi espressivi dello spettacolo. Grazie a questa sua padronanza superiore della scrittura cinematografica, Daniel Schmid riesce a fare, letteralmente, quello che vuole della sua storia, dei suoi personaggi.


LA PALOMA è ovviamente, e volutamente, un fumetto bassamente triviale. Questa passione di un conte Isidoro (uno splendido Peter Kern) per una ballerina tisica, condotta in un ambiente barocco, datato (ma in modo indefinito: talora un dettaglio ci rinvia agli anni venti o trenta, poi un altro ci riporta quasi ai nostri giorni), è un seguito di «clichés» tipici di una certa letteratura borghese. Schmid opera all'interno di questi quadri da Signora delle Camelie per fare esplodere la realtà, per sfociare nel fantastico più totale, che l'assenza di regole psicologiche da rispettare gli rende possibile raggiungere. In questo lavoro di corrosione del «cliché» borghese, c'è una precisa volontà dell'autore di condurre un discorso critico ben preciso nei confronti della società rappresentata. Come già in HEUTE NACHT ODER NIE è questa volontà critica che lega le immagini fantastiche del mondo di Schmid a quelle di una dimensione esistenziale più «reale». Ed è questo legame che rende il suo cinema qualcosa di più di uno straordinario, ma fine a se stesso, spettacolo formale.


È difficile dire quanto di «svizzero» ci sia nell'arte di Daniel Schmid, nella quale sono evidenti gli influssi prepotenti della cultura germanica, e del quale sono noti i legami con una delle tendenze più fertili del cinema tedesco contemporaneo, quello che fa a capo a Fassbinder o a Syberberg. Ma è chiaro che le immagini del film (dovute al grande talento del ticinese Renato Berta, che passa con disinvoltura da direttore di fotografia dalle atmosfere di un Tanner a quelle, così dissimili, di Schmid) sono tra le cose più preziose che ci abbia offerto quell'incredibile fenomeno attuale rappresentato dal sempre meno piccolo cinema svizzero.


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